La fermentazione malolattica ….

La fermentazione malolattica è detta anche conversione malolattica, in quanto per essere rigorosi, non è una vera e propria fermentazione, ma, dal punto di vista chimico, una reazione di decarbossilazione, ossia di trasformazione di un gruppo acido (-COOH) proveniente dalla molecola di acido malico in acqua e anidride carbonica (H2O e CO2) ad opera dei lattobatteri oenococcus oeni e lactococcus lacti, mentre l’acido malico si trasforma in acido lattico. La formazione di CO2 può rendere il vino leggermente frizzante e si allontana spontaneamente con l’affinamento.
La malolattica è un evento successivo alla fermentazione alcolica e avviene quindi nel contesto dell’affinamento/maturazione del vino, e può seguire sia la vinificazione in bianco che quella in rosso. I batteri lattici a causa del rialzo termico che solitamente si viene a creare in primavera (18-20 °C) innescano la fermentazione malolattica del vino. Perché la fermentazione malolattica abbia inizio sono necessarie le seguenti condizioni:
  • pH del vino non eccessivamente basso, quindi vini non eccessivamente acidi;
  • bassa concentrazione di anidride solforosa;
  • alcol etilico inferiore a 15%;
  • temperatura tra i 18° e i 20°.
Durante la malolattica, nel vino l’acido malico, il più aspro, si trasforma in acido lattico, acido più debole del malico, che è percepito come più delicato e meno acre. La fermentazione malolattica permette generalmente di ottenere un vino più morbido ed equilibrato, maggiormente persistente, più ricco di corpo (per via della concentrazione dei polisaccaridi) e con profumi più fini. I toni erbacei divengono meno marcati e si accentuano le sfumature di noce, vaniglia, spezie, cuoio e tostature.
Per tradizione è più gradita per i vini rossi ma attualmente è stata introdotta anche nei vini bianchi importanti, dotati di grande morbidezza. Non viene eseguita nei vini bianchi di pronta beva, che fondano le loro caratteristiche sull’acidità.
Per svolgere la fermentazione malolattica ci si può affidare ai batteri naturalmente presenti nel mosto e riattivati dalla variazione delle condizioni di conservazione, oppure si può ricorrere ad inoculi di ceppi batterici selezionati (appartenenti ai generi Oenococcus o Lactobacillus).
Effetti organolettici della malolattica
I batteri lattici tendono a metabolizzare non solo l’acido malico, ma anche gli zuccheri residui se essi sono ancora presenti nel mosto dopo la fermentazione alcolica. Inoltre la maggior parte dei batteri lattici sono eterofermentativi, ossi non generano solo acido lattico o suoi sali, ma anche molteplici prodotti secondari che sono in grado di alterare il profilo aromatico del vino positivamente o negativamente. In ogni modo, l’impatto principale della fermentazione malolattica dal punto di vista organolettico su qualsiasi tipologia di vino è quello di ridurne l’acidità, essendo l’acido lattico un acido più debole rispetto all’acido malico. La fermentazione malolattica dà al vino maggiore equilibrio, persistenza, corpo e profumi più fini. I toni erbacei divengono meno marcati e si accentuano le sfumature di noce, vaniglia, spezie, cuoio e tostature. E’ maggiormente utilizzata nei vini rossi ma recentemente è stata introdotta anche nei vini bianchi più importanti, che ne risultano dotati di grande morbidezza. Non viene eseguita nei vini bianchi più giovani e freschi, che ci si aspetta caratterizzati da maggiore acidità. Vediamo nel dettaglio gli effetti organolettici della malolattica sui vari tipi di vino.
La malolattica nei vini rossi
I vini rossi prodotti in zone dal clima fresco hanno livelli di acidità piuttosto elevati. La riduzione dell’acidità in questi casi può influenzare positivamente il gusto del vino, rendendolo più piacevole, rotondo e complesso. I batteri lattici producono poi come prodotti secondari diversi composti aromatici che possono arricchire il profilo organolettico del vino. La maggior parte di questi vini risultano quindi migliorati dalla malolattica. La malolattica non è però particolarmente indicata per alcune varietà con basso contenuto di antociani in quanto tende a ridurli ulteriormente con conseguente perdita di colore e tende a far scemare i profumi fruttati primari come lampone e fragola. Quindi per varietà come il Pinot Nero questi effetti possono non essere desiderati. In alcuni casi si arriva anche a misure piuttosto drastiche come per esempio in certi Beaujolais Nouveau industriali dove per prevenirla si ricorre alla pastorizzazione. Invece, i vini rossi prodotti in zone dal clima caldo hanno livelli di acidità più bassi, pur dipendendo anche delle caratteristiche dei vitigni impiegati, per cui, considerando che il maggior effetto organolettico della malolattica è l’ammorbidimento del vino e la riduzione  dell’acidità, essa in generale non è benefica per questo tipo di vini. Ad esempio, uno Shiraz della Swan Valley o un Nero d’Avola siciliano dopo la malolattica saranno sicuramente percepiti come ancora più morbidi e complessi, ma c’è anche il rischio che risultino più “piatti” data la minor acidità percepita. Una delle tecniche utilizzate in questi casi è quella di far svolgere la malolattica al vino e dopo compensare eventuali effetti negativi aggiungendo acido tartarico fino ad ottenere il livello di acidità ottimale.
La malolattica nei vini bianchi
La fermentazione malolattica è meno frequente nei vini bianchi rispetto ai rossi, dal momento che i vini bianchi hanno il loro punto di forza nei profumi primari, nella sapidità e nel profilo acido pronunciato, tutte caratteristiche che vengono parzialmente offuscate dalla malolattica. Inoltre essendo i vini bianchi prodotti con un ridotto contatto con le bucce, la malolattica ha mento tendenza ad innescarsi spontaneamente. Per i vini bianchi prodotti in zone dal clima fresco generalmente si cerca di prevenire la malolattica per mantenere il pronunciato profilo acido del vino e per i vini bianchi prodotti in zone dal clima più caldo e quindi intrinsecamente meno acidi in partenza, la malolattica non è positiva perchè per lo stesso motivo ridurrebbe ancor più la spalla acida del vino. Una delle tipologie di vino bianco che beneficia dalla fermentazione malolattica è lo Chardonnay. In combinazione con la fermentazione e l’affinamento in legno la malolattica conferisce a questo vino notevole complessità e quel gusto ricco, cremoso e burroso particolarmente apprezzato in alcuni mercati, in particolare quello americano. Lo Chardonnay è comunque una varietà molto versatile e può essere vinificata anche in uno stile fresco e croccante, senza legno e senza malolattica. Per i vini bianchi si può anche ricorrere ad una malolattica parziale per far guadagnare al vino una certa complessità e ricchezza riducendo solo parzialmente la sua freschezza e il suo profilo acido. Anche per gli spumanti la scelta di effettuare o meno la malolattica dipende molto dalle caratteristiche climatiche della zona di produzione. In zone a clima fresco come la Champagne, spesso le cuvée fanno la malolattica, completa o parziale, per acquisire maggior ampiezza e complessità. Invece in zone dal clima più caldo e dove le uve maturano prima, si preferisce evitare la malolattica per garantire maggior freschezza e vivacità ai vini.

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