L’aglianico

Cominciamo il nostro viaggio nel panorama enologico campano, andando a scoprire le caratteristiche del principale vitigno a bacca rossa: l’Aglianico.
L’Aglianico è un vitigno molto antico, probabilmente originario della Grecia, introdotto in Italia intorno al VII e il VI secolo a.C., e oggi coltivato principalmente in tutte le regioni che facevano parte del Regno delle Due Sicilie, quindi soprattutto in Campania e Basilicata.
C’è una storia legata all’Aglianico che parte da lontano e trova specifiche ramificazioni nei vari distretti, ma solo in una fase recente si è cominciato a parlarne a livello mondiale come vitigno con una sua peculiare identità, a prescindere dalle declinazioni territoriali.
Tra la seconda metà degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 c’è stato un momento in cui sembrava che l’Aglianico potesse diventare una vera e propria “star internazionale”: la critica anglosassone ha cominciato a dedicarvi molta attenzione, sottolineando il valore di questi vini con punteggi che hanno fatto molto parlare, e hanno sicuramente contribuito ad un primo boom di esportazioni, a prezzi decisamente premium per alcune delle etichette più ricercate.
Nel 2005 una vera e propria investitura sull’importanza del vitigno venne addirittura da Robert Parker di “The Wine Advocate”, che in un celebre editoriale si riferiva all’Aglianico come “the next big thing” e pronosticava un futuro non lontano in cui “potrebbe diventare il migliore vitigno a bacca rossa del mondo”.
Le origini dell’Aglianico sono ancora oggi controverse.
Alcune teorie, anche se oggi superate, attribuiscono all’Aglianico origini greche: sostengono che il nome derivi da una storpiatura nata durante la dominazione degli Aragonesi nel Sud Italia, i quali pronunciavano la parola Hellenico con cadenza spagnola, trasformandola in Eglienico.
É molto più probabile invece che l’Aglianico affondi le sue radici nel Sud Italia.
Il suo nome potrebbe derivare dall’antica polis Ellea, che sorgeva sulla costa tirrenica della Campania.
Altri sostengono invece che il nome Aglianico derivi da gens Allia, un’antica famiglia romana che aveva proprietà viticole in tutta la penisola italiana.
Certo è che oggi l’Aglianico è il vitigno a bacca rossa più famoso del Sud Italia, conosciuto in tutto il mondo per la sua struttura poderosa, che se domata può dare vita a vini d’inconsueta eleganza, dotati di una carica tannica eccezionale e di una importante freschezza e ricchezza aromatica.
Per non parlare della sua straordinaria longevità, paragonabile ai migliori Barolo e Barbaresco, anche se l’Aglianico ha una personalità del tutto peculiare, paragonabile a nessun altro vitigno.
E’ il vitigno più “trasversale”, presente in tutte le province e in tutte le principali zone produttive della regione Campania, il più presente nelle gamme delle aziende campane.
Come tante altre varietà regionali, anche l’Aglianico ha avuto bisogno di un lungo periodo nel secondo dopoguerra per essere recuperato e valorizzato pienamente, prima di tutto da un punto di vista viticolo.
In passato, soprattutto in Irpinia e nel Sannio si produceva tantissimo Aglianico, commercializzato principalmente sfuso e acquistato in larghissima misura da imbottigliatori del centro-nord ed esteri, che lo utilizzavano come vino da taglio: un destino che per tanto tempo ha accumunato molti altri vini del sud, dai negroamaro e primitivo pugliesi, ai nero d’Avola siciliani, dai montepulciano abruzzesi ai gaglioppo calabresi.
I vini prodotti con l’Aglianico si prestano ad affinamenti in legno, sia in botte grande che in barrique: questo tipo di affinamento tende a smussare il tannino dei vini giovani e ad addolcire il prodotto rendendolo fine ed armonico.
La vasta diffusione dell’Aglianico gli ha donato una grande adattabilità alle diverse zone di coltivazione e una variabilità delle sue caratteristiche in funzione dell’ambiente.
Questo ha portato alla caratterizzazione di due distinte varietà: l’Aglianico, coltivato soprattutto a Taurasi in Campania, e l’Aglianico del Vulture diffuso in Basilicata.
Più di recente, approfondite indagini hanno permesso di stabilire che l’Aglianico e l’Aglianico del Vulture possono essere considerati biotipi della stessa varietà, avendo essi la stessa identità genetica.
L’Aglianico è un vitigno di collina, a maturazione tardiva caratterizzato da una buona vigoria e da una produttività media e costante: predilige terreni calcarei e argillosi e soffre gli inverni rigidi così come il caldo eccessivo.
Necessita quindi di zone collinari ben ventilate con un clima mediterraneo e una lunga esposizione ai raggi del sole.
É per queste caratteristiche che l’Aglianico ha trovato il suo habitat ideale in terreni di origine vulcanica, come le pendici del monte Vulture e zona dell’Irpinia, anch’essa caratterizzata da terreni vulcanici risalenti all’eruzione del Vesuvio.
In Irpinia, in provincia di Avellino, le forti escursioni termiche, le discrete altitudini della dorsale appenninica e i terreni argillo-vulcanici fanno sì che l’Aglianico si esprima al massimo delle sue potenzialità. É in questa zona che viene prodotto il Taurasi DOCG, considerato uno tra i migliori vini rossi d’Italia, prodotto con un minimo dell’85% di uve Aglianico.
Altra zona della Campania particolarmente vocata alla produzione di vino Aglianico sono le pendici di origine calcarea del massiccio montuoso Taburno, in provincia di Benevento. Qui viene prodotto l’Aglianico del Taburno DOCG, con l’85% minimo di uve Aglianico, nelle tipologie Rosato, Rosso e Rosso Riserva.
Il vino prodotto da uva Aglianico è pieno, asciutto e corposo, dotato di una eccellente struttura e di un’ottima persistenza.
Al palato è caratterizzato da tannini possenti e ben levigati, coadiuvati da una spiccata acidità che conferisce lunghezza alla beva. Questi due elementi, uniti alla importante gradazione alcolica, assicurano al vino un’eccellente capacità di invecchiamento.
L’Aglianico esprime infatti il massimo del suo potenziale dopo diversi anni di maturazione in legno e altrettanti di affinamento in bottiglia.
Con gli anni infatti le spigolosità giovanili dell’Aglianico si attenuano e il vino raggiunge una perfetta armonia tra le sue componenti. Proprio per la sua capacità di invecchiare anche oltre i 50 anni, l’Aglianico è definito da molti il “Barolo del sud”.
Nei primi anni di vita il vino Aglianico si presenta purpureo, per poi evolvere verso un colore rosso rubino intenso; con l’invecchiamento il colore tende al granato, con riflessi aranciati.
Al naso è intenso e raffinato, con un bouquet stratificato su golosi sentori di violetta, mirtilli, ciliegia, ribes e richiami di petali di rosa, ma anche note speziate di pepe nero e tabacco e timbri balsamici di eucalipto, incenso, radice di liquirizia e sfumature mentolate.
Con l’invecchiamento si impreziosisce con profumi di visciole sotto spirito, prugne in confettura, fichi disidratati e spezie dolci dovute all’affinamento in legno.
La spiccata acidità e il tannino pronunciato rendono l’Aglianico un perfetto abbinamento per piatti con tendenza grassa e untuosa, come la selvaggina, gli arrosti, i brasati e gli spezzatini.
Per rimanere in Campania, invece, perchè non provare l’abbinamento del vino Aglianico con soffritto di maiale irpino o il capretto all’avellinese.
Interessanti tra gli abbinamenti cibo Aglianico anche le Costine di maiale con peperoni all’aceto.

 

 

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