La falanghina

La Falanghina è uno dei principali vitigni autoctoni a bacca bianca della Campania: qui la sua coltivazione regionale si estende su un’area pari al 5% dell’intera superficie vitata, soprattutto nella zona dei Campi Flegrei, dove è coltivata da millenni, fin dai tempi della fondazione delle prime colonie della Magna Grecia.
Il fatto che nella provincia di Caserta la Falanghina sia conosciuta come Falernina e Uva Falerna ci spinge a fantasticare che fosse uno dei vitigni usati per produrre il più grande vino dell’antichità; non esistono però citazioni, prove o documenti scritti in tal senso.
Probabilmente deriva da antichi ceppi greco-balcanici e sembra dovere il nome al suo portamento espanso, per cui tradizionalmente veniva legata a pali di sostegno detti “falange”, da cui Falanghina, ossia “vite sorretta da pali”.
Il vitigno era stato quasi abbandonato durante i secoli, poi essendo uno dei vitigni non attaccati dalla fillossera, è stato rivalutato e spesso allevato su piede franco.
La Falanghina rappresenta il vitigno base di molti vini di pregio della Campania, come testimoniano le tipologie monovitigno dei vini DOC Guardiolo, Sant’Agata dei Goti (anche passito), Sannio, Solopaca, Taburno.
E’utilizzata anche per la produzione di vini spumanti nelle stesse denominazioni di origine.
Dimenticata, come si diceva, per lungo tempo, è stata riscoperta con successo negli ultimi due decenni, tanto da divenire un sinonimo di qualità ed un vanto per la Campania.
Piccoli coltivatori, soprattutto a nord di Napoli, hanno cambiato il loro sistema di allevamento, che era quello puteolano, molto produttivo per ottenere delle viti destinate alla distillazione, con sistemi di allevamento più precisi e moderni, con regole ferree e restrittive che consentissero di migliorarne la qualità.
Data fondamentale nella storia della Falanghina fu certamente il 1989, quando venne istituita la denominazione Falerno del Massico Bianco DOC: il successo di questa denominazione attrasse l’interesse di molti viticoltori da tutta Italia, e si assistette ad una vera e propria battaglia tra gli allevatori campani, che rivendicavano l’originalità della loro uva, e gli altri, che tentavano di approfittare del successo ottenuto dalla varietà campana.
Furono coinvolte numerose personalità del mondo enologico italiano per pareri e analisi, finalizzate ad affermare la regionalità di quest’uva.
La Falanghina viene coltivata soprattutto in zone collinari caratterizzate da un clima caldo e molto secco; i grappoli hanno forma conica, con elevata densità e compattezza, ben dotati di pruina. La pianta è vigorosa, e le sue rese sono nella media, costanti, con punte che arrivano anche ad essere abbastanza elevate nelle annate favorevoli.
Viene coltivata prevalentemente su spalliere con potatura a guyot, matura dalla seconda metà di settembre, ed è un’uva dotata di una buona fertilità, resistente alla peronospora e più sensibile allo oidio. E’ dotata di una buona concentrazione di zuccheri e di un’acidità media.
Attualmente il vitigno ha due biotipi ben distinti, che si sono insediati in zone separate, distinte non solo da caratteristiche stilistiche, ma anche geologiche.
La più antica è la Falanghina flegrea, tipica di Napoli e Caserta, quella coltivata da millenni nei Campi Flegrei a nord di Napoli, che troviamo in purezza nella DOC Falerno del Massico Bianco, Galluccio Bianco e Campi Flegrei Falanghina, mentre è in blend nelle DOC Campi Flegrei Bianco, Costa d’Amalfi Bianco, Capri Bianco, Penisola Sorrentino Bianco e Lacryma Christi del Vesuvio Bianco.
L’altra Falanghina è la beneventana, più strutturata come vino, sempre acida ed elegante, ma di maggiore corpo, grazie anche ai suoli vulcanici del Taburno.
In ogni caso sia la beneventana che le altre provengono dalla Flegrea, che è la capostipite. La troviamo nelle DOC Guardia Sanframondi, Guardiolo, Taburno, Solopaca, Sannio, Sant’Agata dei Goti.
Altra zona da esplorare per la Falanghina e tutti i bianchi è la Costa d’Amalfi, dove spesso si producono grandi vini bianchi con uvaggi tra Falanghina e Biancolella.
Il Costa d’Amalfi Furore Bianco è un vino splendido per profondità ed eleganza. Non ci sono vulcani, ma il mare ha un influsso incredibile, rendendo le uve salate e piene di sfumature marine.
Nell’Isola di Procida la Falanghina sembra esprimersi ancor meglio che sulla terraferma, e i vini dell’isola si stanno sempre più facendo spazio sul mercato italiano.
Generalmente, la vinificazione delle uve e la maturazione dei vini avviene per lo più in contenitori di acciaio e non di legno, per proteggere la fragranza aromatica dei vini.
I vini di pronta beva sono facili e snelli, profumati e immediati.
Ma quando la concentrazione, la mineralità e l’acidità iniziano ad essere importanti e spingono sul palato, serve un invecchiamento meditato.
Infatti, molti vignaioli stanno facendo sperimentazioni anche attraverso affinamenti lunghi in barrique, oppure con versioni di Falanghina spumante o con dei passiti dolci incredibilmente vellutati ed eleganti.
Il bouquet dei vini ottenuti da Falanghina è avvolgente, pulito, cristallino e mai invadente; non è un vitigno aromatico, ma sa come farsi amare.
Pera, mela, glicine, erbe aromatiche appena accennate, pepe, cannella, noce moscata, ginestra e ampia varietà di fiori.
Le note di selce e talco sono tipiche, ma spesso vengono dai terreni ricchi di minerali e basalto lavico.
Al palato la Falanghina ha una personalità acida e minerale notevole, tessuto gustativo ampio e fitto, ritorni di pepe e a volte leggermente affumicati, quasi torbati nel finale.
La gradazione raggiunge mediamente i 14 gradi: la percezione sul palato risulta comunque delicata e mai prepotente. Non è un vino grasso o pesante, ma teso e vibrante.
Il vino ottenuto da Falanghina in purezza si presenta di un caldo colore giallo paglierino con lievi riflessi verdolini.
La Falanghina è un vino perfetto come aperitivo, ma si abbina molto bene ad antipasti, secondi di pesce, minestre di legumi, pasta ai frutti di mare, carni, bianche, formaggi e verdure di stagione.
I vini più semplici ed immediati sono ottimi con pesce, sushi, antipasti di mare, carbonare di pesce, bottarga in generale, salumi e formaggi freschi con pinzimonio.
Le bottiglie più strutturate sono da abbinare a piatti di pesce alla griglia, salmone al miele, carni bianche, spaghetti alle vongole, spaghetti di riso con gamberi e verdure, ravioli di erbette alla parmigiana, spaghetti alla carbonara

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