La Campania del vino…

La regione Campania custodisce antichi e pregiati vitigni, che sono alla base di un’enologia di spiccata tipicità, sempre più apprezzata nel mondo.
Il territorio regionale è uno dei più antichi nuclei di insediamento della vite e, ancora oggi, nell’ambito della viticoltura internazionale, si caratterizza per la presenza di ceppi centenari in molti vigneti.
I vini decantati nell’antichità da Cicerone, Plinio, Marziale, Virgilio, quali la Vitis Hellenica, la Vitis Apiana, altro non sono che i progenitori dell’Aglianico, del Fiano, della Falanghina e del Greco.
Il connubio tra vite e territorio è testimoniato anche dai preziosi reperti archeologici che documentano l’eccellente qualità dei vini locali, conosciuti nell’antichità come i “vini degli imperatori”: gli affreschi delle antiche ville degli scavi di Pompei ed Ercolano, e i depositi di anfore illustrano come il vino venisse già allora conservato in cantine ed etichettato, dando prova tangibile della secolare tradizione del “culto del vino” in Campania.
Se le radici del vino indoeuropeo vengono unanimemente collocate nel Caucaso, è altrettanto assodato che gli insediamenti greci e fenici in Campania hanno rappresentato una delle principali porte d’ingresso per un gran numero di cultivar orientali, prima della loro diffusione in varie zone dell’Europa continentale.
Furono infatti proprio i Greci a introdurre i semi della vitis vinifera in Campania: le principali uve autoctone della regione, come Aglianico, Greco, Fiano, Falanghina, Biancolella e Piedirosso sono infatti di origine greca.
Il nome “Aglianico” sembra derivi dal termine Ellenico, cioè “dalla Grecia”.
Il contributo dei Greci fu fondamentale per il successo dei vini della Campania che si registrò in epoca romana.
Durante l’Impero Romano la vitivinicoltura Campana conobbe un fiorente sviluppo ed i suoi vini vennero esportati anche fuori dalla penisola Italica.
Pompei divenne il principale centro commerciale vinicolo della Campania: dai porti di Pozzuoli e di Sinuessa partivano infatti decine di migliaia di ettolitri che raggiungevano i paesi del Mediterraneo e la Gallia.
Con la fine dell’impero romano iniziò il declino della viticoltura Campana, fino a giungere al Medioevo, quando si registrò uno dei periodi più cupi per la vite e per il vino in questa regione.
Anche nel periodo Medioevale alcuni dei vini Campani conobbero un discreto successo: già nel 1300 la spiccata acidità dell’Asprinio mise in mostra le sue potenzialità nella produzione di vini spumanti, e nel 1700 molti commercianti arrivavano fino ad Aversa per acquistare le uve per produrre vini con le bollicine.
La fine di questo secolo segnò un nuovo declino dell’enologia Campana: l’oidio e la fillossera arrivarono in Campania molto più tardi che altrove, ma la viticoltura subì comunque danni ingentissimi.
La strada della qualità venne imboccata solo a partire dagli anni 1980.
In tempi recenti il territorio ha saputo dare vita a vini di altissimo livello sia a partire da vitigni a bacca bianca che a bacca rossa.
Geograficamente la coltivazione della vite è favorita dalla presenza di una superficie per oltre il 50% collinare e per il 30% montuosa; la fascia pianeggiante rappresenta appena il 15% della superficie della regione.
Vi sono più di 25.000 ettari coltivati a vigna, la forma di allevamento prevalente sta mutando dalla tradizionale pergola a favore della spalliera e controspalliera, anche se i metodi di allevamento in una regione così vasta variano a seconda della zona: nel Casertano si prediligevano le alberate maritate, mentre l’alberello è più diffuso nell’Avellinese e nelle zone di alta collina-montagna in generale.
Recentemente i vini Campani stanno registrando incredibili successi e notevole interesse da parte dei consumatori: Greco di Tufo, Fiano di Avellino, Falanghina, per i bianchi, Taurasi e le diverse espressioni dell’imponente Aglianico per i rossi, sono solamente alcuni esempi che oggi fanno della Campania una delle regioni più interessanti d’Italia dal punto di vista enologico.

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