Il vino nel Trentino Alto Adige

C’è una regione in Italia che da anni sta guadagnando una notevole reputazione nella produzione di vini dall’impeccabile eleganza e classe, caratterizzati da un’esplosione di aromi e fragranze di frutti e fiori inebrianti: il Trentino Alto Adige.
Dal punto di vista amministrativo, la regione è divisa in due province, quella settentrionale, ai piedi delle Alpi con forti influssi culturali e linguistici tedeschi, l’Alto Adige o Sudtirolo, e quella meridionale, con cultura e tradizioni più vicine a quelle italiane, il Trentino. Entrambe le zone hanno comunque in comune un’eccellente produzione vinicola, grazie anche alla favorevole posizione geografica e alle locali condizioni climatiche, che consentono di raggiungere ottimi livelli, in modo particolare con le classiche uve che prediligono le zone fredde, come il Sauvignon Blanc ed il Pinot Nero. Nonostante nel Trentino Alto Adige siano coltivate molte varietà “internazionali”, nella regione è interessante anche il patrimonio di uve autoctone.
Il Trentino, la zona ai due lati della Valdadige da Rovereto a Salorno, ha una superficie vitata di circa 9000 ettari. L’Alto Adige conta invece meno di 5000 ettari vitati, tutti in zone montane o pedemontane. Come nell’alto veronese e in Valpolicella, la forma di allevamento più diffusa in tutta la regione è la Pergola, doppia in pianura e semplice sui rilievi.
La storia racconta che la coltivazione della vite e la produzione di vino in queste terre risale addirittura al 700 aC, quando questa zona apparteneva alla Raetia, celebre in tempi antichi per la qualità dei suoi vini. Il vino retico ha avuto illustri sostenitori del passato, da Plinio il Vecchio a Columella e Cassiodoro. Nonostante la viticoltura in questa regione fu fortemente incentivata e sviluppata dagli antichi romani, la pratica di coltivare la vite ha in realtà origini più antiche che risalgono ai tempi degli etruschi: interessante è il ritrovamento in Val di Cembra di una situla, un piccolo recipiente vinario, attribuito all’epoca reto-etrusca. Un ritrovamento non casuale, poiché nella Val di Cembra, a quei tempi, si professava il culto di Sileno, precettore di Bacco.
Quando gli antichi romani giunsero in queste terre, trovarono la vite allevata su strutture di legno, un sistema che si considera essere l’antenato della moderna pergola.
Pare che proprio in questa regione gli antichi romani abbiano conosciuto l’uso della botte di legno per la conservazione e il trasporto del vino, quando a quei tempi erano ancora soliti utilizzare vasi in ceramica e anfore di terracotta.
La viticoltura e la produzione di vino divennero importanti in questa regione ai tempi di Carlo Magno poiché i vescovadi e le abbazie che si trovavano nella Germania meridionale erano soliti rifornire le proprie dispense con i vini prodotti in queste zone.
Con l’arrivo delle popolazioni barbare e delle loro devastazioni, gran parte della viticoltura fu spazzata via, segnando un forte declino nella produzione di vino anche nei secoli a venire. A partire dal VIII secolo i conventi Franchi e Bavari iniziarono a coltivare vigneti con lo scopo di produrre il vino necessario alla liturgia.
L’opera dei monaci Benedettini fu fondamentale per la conservazione e lo sviluppo della viticoltura e della produzione del vino, esattamente come in altre regioni d’Europa.
I monaci salvarono gran parte del patrimonio viticolo della regione e si ritiene che già a quei tempi nel Trentino Alto Adige fossero coltivate le uve Lagrein, Schiava e Gewürztraminer, insieme ad altre varietà autoctone di cui si è persa traccia ai giorni nostri.
La viticoltura era praticata dai monaci all’interno delle mura dei loro conventi e questo consentì ulteriormente un maggiore sviluppo della viticoltura e della sua salvaguardia.
La produzione di vino registrò profondi cambiamenti e fortune alterne nella commercializzazione, fino ad arrivare al XVI secolo quando, durante il Concilio di Trento, gli ecclesiastici riuniti per l’occasione ebbero modo di apprezzare il vino della regione, contribuendo alla sua diffusione e notorietà in tutta Europa.
Il sostanziale contributo dei monaci alla viticoltura del Trentino Alto Adige conobbe il suo declino in occasione delle guerre napoleoniche, quando l’Austria perse il controllo e il dominio di queste terre.
Le abbazie e i conventi furono secolarizzati e le loro proprietà, compresi i vigneti, furono ceduti a privati.
A partire dal 1867, grazie all’apertura del collegamento ferroviario del Brennero, la produzione di vino nel Trentino Alto Adige beneficiò di un nuovo impulso commerciale, consentendo ai vini di questa regione di guadagnare una notevole notorietà al di fuori dei confini d’Italia, segnando inoltre l’inizio delle cooperative vinicole, che vantano una storia e tradizione di qualità come in nessun’altra regione della Penisola.
Questo periodo di splendore commerciale subì un forte rallentamento, non con l’avvento della fillossera, ma soprattutto con l’inizio della prima guerra mondiale. La fillossera arriverà in queste terre all’inizio del 1900 e, nonostante i sostanziali danni ai vigneti, non provocò il netto declino che invece si registrò in altre regioni dell’Europa.
Dopo essere stato il principale fornitore di vini alle corti Imperiali d’Austria, al termine della prima guerra mondiale, quando sia il Trentino sia l’Alto Adige furono annesse all’Italia, la produzione e il commercio del vino di queste terre subì un forte declino.
Bisognerà attendere la fine della seconda guerra mondiale per vedere i primi segnali di ripresa dell’enologia in questa regione.
La ripresa fu caratterizzata da una produzione concentrata prevalentemente sulla quantità piuttosto che sulla qualità: la ripresa concreta dell’enologia avrà inizio negli anni 1980, dopo avere compreso che il successo del vino, non solo commerciale, imponeva l’adozione di rigorosi criteri di qualità abbandonando le speculative logiche della quantità. Il cambiamento fu drastico e il risultato che si può vedere oggi dimostra il tenace impegno dei produttori locali per la qualità, tanto da potere ritenere il Trentino Alto Adige una delle migliori zone vinicole d’Italia, sia nella produzione di vini bianchi e rossi, sia nella produzione di vini spumanti metodo classico.
Nonostante la qualità dei vini del Trentino Alto Adige sia notevolmente aumentata nel corso degli ultimi venti anni, nella regione non sono definite zone DOCG.
Il Trentino Alto Adige è una regione con una forte vocazione storica alla produzione di vini rossi, tuttavia la regione è principalmente nota per i suoi eccellenti vini bianchi, che beneficiano, del clima fresco capace di conferire una piacevole e vivace nota acida. Dal punto di vista enologico, si tende a considerare il Trentino e l’Alto Adige come due zone distinte e spesso le denominazioni delle due aree sono precedute dalla menzione delle rispettive province.
Le denominazioni attualmente definite in Trentino sono: Caldaro o Lago di Caldaro, Casteller, Teroldego Rotaliano, Trentino che comprende le sotto denominazioni Sorni, Isera e Ziresi, Trento e Valdadige.
Le denominazioni dell’Alto Adige sono: Alto Adige o Südtiroler che comprende le sotto denominazioni Colli di Bolzano, Meranese di Collina, Santa Maddalena, Terlano, Valle d’Isarco e Val Venosta, Caldaro o Lago di Caldaro e Valdadige.
Nel Trentino, la provincia meridionale della regione, si registra prevalentemente una produzione di vini rossi, in particolare con le uve Teroldego, assoluto protagonista di quest’area, e il Marzemino, famoso per essere stato citato da Lorenzo Da Ponte nel libretto dell’opera Don Giovanni di Mozart.
Nel Trentino, più precisamente nella denominazione Trento DOC, si registra un’interessante produzione di vini spumanti metodo classico. La produzione di questi vini prevede l’impiego di Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero e Pinot Meunier, da soli oppure in percentuali diverse.
Nella parte a settentrionale del Trentino, nella piana del Campo Rotaliano, il protagonista assoluto dei vini è il Teroldego, un’uva a bacca rossa fra le più interessanti della regione. Il Teroldego Rotaliano, questo il nome completo della DOC, si presenta in diversi stili, da vini leggeri fino a vini robusti e strutturati che non mancano certamente di sorprendere il degustatore.
Fra le uve a bacca bianca, è opportuno ricordare la varietà più celebre e interessante del Trentino, dalla quale si producono vini bianchi e dolci: la Nosiola.
Utilizzata fresca subito dopo il raccolto, la Nosiola produce interessanti e piacevoli vini secchi, anche se la sua immagine più affascinante è quella offerta dal Vino Santo, in particolare nella zona della Valle dei Laghi, caratterizzato da aromi di noce.
L’uva Nosiola viene fatta appassire dopo il raccolto fino a qualche giorno prima di Pasqua, consentendo l’attaccato degli acini da parte dellla Botrytis Cinerea, che conferirà i suoi tipici aromi e sapori. Il mosto che si ottiene è lentamente fermentato in piccole botti di legno, dove sarà lasciato maturare per quattro anni regalando un vino dolce e corposo, ricco e piacevole.
Nella zona confinante con la provincia di Verona è diffuso anche l’Enantio (Lambrusco a foglia frastagliata).
L’Alto Adige, la provincia settentrionale della regione, offre una produzione vinicola estremamente interessante e variegata, principalmente concentrata sulla produzione di eccellenti vini bianchi e rossi. Qui si coltivano molte varietà “internazionali”, tuttavia l’importanza delle uve autoctone è certamente importante e rappresentativa.
Grazie al particolare clima fresco, alle condizioni ambientali e geologiche, la produzione dei vini bianchi dell’Alto Adige raggiunge livelli di eccellenza, caratterizzati dalla tipica e piacevole acidità, arricchita dall’esuberante freschezza aromatica di fiori e frutti.
Anche la produzione di vini rossi è interessante ed eccellente, in particolare quelli prodotti con il Lagrein, la celebre uva autoctona dell’Alto Adige, e con il Pinot Nero, che in questa zona è capace di produrre risultati di assoluta classe ed eleganza.
Da non dimenticare poi il Gewürztraminer – o Traminer Aromatico – e i tanti vini prodotti con l’uva Schiava nelle sotto varietà grossa, grigia e gentile, qui nota con il nome Vernatsch.
Le varietà di uve bianche coltivate in Alto Adige sono diverse, alcune di queste anche piuttosto particolari, come per esempio il Grüner Veltliner e il Kerner.
In questa regione si coltivano inoltre il Silvaner, Pinot Grigio (detto Rülander), Müller-Thurgau, Gewürztraminer, Pinot Bianco (Weißburgunder), Chardonnay, Riesling Renano (Rheinriesling), Sauvignon Blanc e Moscato Giallo (Goldenmuskateller).
Con queste uve in Alto Adige si producono vini bianchi emozionanti e piacevoli, in particolare con le uve che prediligono le aree a clima fresco, come il Sauvignon Blanc. Grazie al clima fresco di queste terre, raramente i vini bianchi sono fatti maturare o fermentare in botti di legno, poichè si preferisce evidenziare il carattere fresco e fruttato dei vini.
Fra i vini rossi, il Lagrein è certamente la celebrità di questa regione, capace di offrire piacevoli vini rosati, noti come Lagrein Kretzer , e vini di notevole struttura e longevità, meglio conosciuti come Lagrein Dunkel o Lagrein Scuro.
Il Lagrein è generalmente utilizzato in purezza, tuttavia lo si trova presente anche nei vini delle denominazioni Santa Maddalena, Casteller e Lago di Caldaro, così come unito ad alcune varietà internazionali, come il Merlot e il Cabernet Sauvignon.
Fra le uve rosse coltivate in Alto Adige di notevole interesse, si ricorda il Pinot Nero che, grazie al clima fresco di queste zone, consente la produzione di eccellenti vini, fra i migliori d’Italia prodotti con questa varietà.
Un’altra uva rossa di rilevante importanza per l’Alto Adige è la Schiava, qui nota come Vernatsch, prevalentemente utilizzata nei vini della denominazione Santa Maddalena. Per quanto concerne la produzione di vini dolci, si ricordano quelli prodotti con le uve Moscato Giallo e con il suggestivo Moscato Rosa, raro ed elegante con i suoi inconfondibili aromi di fragola e rosa.
Le due province che compongono il Trentino-Alto Adige, anche se divise sotto l’aspetto linguistico, hanno molto in comune in termini di tradizioni e cultura, anche a livello enogastronomico.

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